mercoledì 4 maggio 2016

Salvaguardarsi nella nuova Babilonia

di Tommaso Romano

È l’ora della consapevolezza, del salvaguardarsi e proteggersi reciprocamente.
Questo è il tempo dei sogni vani, dei cambiamenti utopistici dettati da ricette preconfezionate, di totalitaria ingegneria antiumana.
Non è però tempo di impegno estremo, di atti appariscenti, di dichiarazioni roboanti.
Certo, sorge l’indignazione, il disgusto, il senso della lontananza da questo mondo che si autoconsuma rifiutando il principio creaturale divino e l’ordine naturale, l’essenza vitale, la sorgente che non sa più trascendersi nell’Oltre, che non ammette distinzioni, ruoli, definizioni, tutto lasciando al libero arbitrio, falsamente affidato all’individuale. Che è in realtà diretto da sofisticate centrali vocate al capovolgimento sistematico che lavorano alla massificazione, anestetizzano, indirizzando il proprio timone scellerato e comprimendo ciò che si fondava sul buon senso, sul senso comune, facendoli apparire come residui oscurantisti, superati, reazionari, in nome dell’assoluta autodeterminazione, che è appunto e in verità un soggiacere a disegni e voleri altrui.
Il principio su cui prendere autonomamente posizione va perciò forgiato nella prova, nel dolore, nel rifiuto, con la ferma decisione a resistere, con l’autodifesa individuale, nella disciplina personale da esercitare, nella cura di sé.
Riordinare, intanto, le priorità. Spesso i problemi, infatti, sono futili e insignificanti.
Restare fermi sulle posizioni integrali e tradizionali con la forza che nasce dal realismo, dalla solitudine, mitigata dalla compagnia di qualche consimile che agisce, pensa e professa allo stesso modo, o almeno per parti convergenti.
Non arrendersi, interiormente, al declino.
Occorre non apparire, tuttavia, oltre il dovuto e non coltivare il risentimento, che logora.
Mimetizzarsi. Procedere con lentezza esteriore. I giroscopi che girano attorno a velocità frenetica, si ritrovano sempre allo stesso punto e non vanno da nessuna parte.
Non distribuire troppi consigli e inutili parole a chi non sa e non vuole ascoltare, non sa e non vuole recepire, per quieto vivere o per conformismo, e che quindi non riesce ad entrare, neppure per qualche lieve segmento, in sintonia.
Ritrovare l’anima delle cose, dell’immateriale, della natura e del tempo delle cose, che parlano l’arcano e il concreto.
Scoprire e circondarsi quanto più possibile di bellezza, che se è vera è sempre semplice ed essenziale. Evitare le maniacali affezioni. Non guardare alle cose, agli oggetti come fonte di valutazioni utilitaristiche, nella logica economicistica del mercato, troppo spesso queste sono bugiarde.
Fare delle proprie abitazioni delle domus rilucenti, autartiche, autentici spazi di identità, di memoria, per relazioni autentiche, fin come e dove possibile. Ammettervi poche e scelte persone, per non profanare, con lo stupore beota, l’invidia o con il radicale rigetto, ciò che è parte di una sacralità che si compone in spirito e cose, da non permettere di violare.


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